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Tuesday, June 20, 2023
Pirelli, la minaccia velata di Pechino dopo il Golden Power Cina mercato importante per il made in
Guido Santevecchi

«Soft», come la gomma più morbida degli pneumatici: sembra questa al momento la reazione a Pechino di fronte al caso Pirelli. Ma è chiaro che dietro le quinte si prepara un cambio alla versione «dura». La stampa cinese ha aspettato diversi giorni prima di analizzare la decisione del governo italiano di usare il «golden power» per limitare i poteri di governance di Sinochem nel gruppo della Bicocca. «L'Italia sollecitata a non generalizzare il concetto di sicurezza nazionale», scrive oggi il Global Times, giornale del Partito comunista, in un articolo nella sezione «Diplomazia». Non ci sono dichiarazioni politiche, il quotidiano usa il commento di Dong Dengxin, direttore del Finance and Securities Institute all'Università di Science and Technology di Wuhan, convinto che l'industria degli pneumatici italiana sia così matura da non dover temere sul fronte della sicurezza tecnologica. La conclusione però è tagliente: «La mossa italiana indubbiamente soffoca in modo irragionevole un'azienda cinese». L'articolo prosegue ricordando che il mercato cinese è importante per il made in Italy e le ripercussioni possono essere gravi.

Spiega al Corriere il dottor He Jun, direttore della ricerca macroeconomica del think tank cinese Anbound: «Certo non è una buona notizia per le aziende e il governo di Pechino. La domanda è se ci sia un grande cambiamento del "business environment" in Italia. Questo incidente con Pirelli può spingere a rivalutare gli investimenti». Anbound è un think tank indipendente (come può esserlo qualsiasi attività in Cina), fornisce le sue analisi geopolitiche e macroeconomiche anche a esponenti dell'establishment governativo. Prosegue la sua analisi He Jun: «Come primo azionista nell'azienda italiana Sinochem certamente difenderà i suoi diritti legali, in base alla legge italiana e a quelle dei mercati. Il governo di Pechino potrà esprimere disappunto per un intervento che scavalca gli interessi degli azionisti e del mercato. Però è improbabile che la Cina compia un'azione di rappresaglia, perché questo è ancora un caso isolato che riguarda una specifica industria, non una guerra commerciale tra nazioni».

Però, il governo italiano sta anche considerando l'uscita dal memorandum d'intesa sulla Belt and Road Initiative (Bri), ricordiamo all'economista di Anbound. «Nel 2019, di fronte all'onda anti-globalizzazione, la decisione italiana di entrare nella Bri dimostrò giudizio indipendente e volontà di impegnarsi in una cooperazione basata sui suoi interessi nazionali e dalle dinamiche di mercato. Il possibile ritiro è influenzato dalla situazione geopolitica. È evidente che il "decoupling" dalla Cina perseguito dagli Stati Uniti per il loro interesse nazionale ha avuto un notevole impatto sugli alleati europei che ora discutono di "de-risking". L'Italia dovrà avere una prospettiva realistica e di lungo termine. Prendere decisioni solo in base alle esigenze della geopolitica può far perdere opportunità al momento della ripresa globale». He Jun ci ricorda che «Germania e Francia (scelte in questi giorni dal primo ministro Li Qiang per la sua prima missione internazionale, ndr) hanno mantenuto relazioni commerciali favorevoli con Pechino. E anche gli Stati Uniti non le hanno alterate più di tanto, nonostante il deterioramento dei rapporti geopolitici con la Repubblica popolare cinese. Significa che il mercato segue le sue leggi che debbono essere rispettate». Secondo Anbound «il ritiro dell'Italia dalla Belt and Road Initiative le farebbe perdere l'unicità nella cooperazione futura con la Cina e sarebbe uno sviluppo spiacevole».

I dati sull'interscambio dicono che da quando fu firmato il memorandum sulla Via della Seta la Cina ha largamente accresciuto il suo export verso l'Italia, da 31 miliardi di euro nel 2019 a 57 miliardi nel 2022. L'export italiano era 13 miliardi ed è salito solo a 16. Lo squilibrio è notevole. «La bilancia commerciale non può essere valutata in termini assoluti. La struttura dei commerci è determinata dalla composizione dell'economia dei Paesi, dai fattori della produzione industriale, dal lavoro. Pur avendo il deficit commerciale più alto del mondo, gli Stati Uniti continuano ad avere il loro primato di influenza... l'Italia, mantenendo un rapporto economico e commerciale forte con la Cina potrebbe esportare di più».


Media link: https://www.corriere.it/economia/aziende/23_giugno_20/pirelli-minaccia-velata-pechino-il-golden-power-cina-mercato-importante-il-made-italy-68adeee8-0f3b-11ee-a963-f99c88e1a594.shtml?refresh_ce-cp=

https://www.corriere.it/america-cina/2023/06/20/avvertimento-soft-pechino-all-italia-ecac401c-0f47-11ee-a963-f99c88e1a594.shtml

Corriere della Sera
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